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in lavorazione il nuovo libro d'artista

presto nuove anticipazioni

L'eredità del passato

Eredità del passato di Giuliano Di Cola
Nel 1992 veniva presentato nella città bruzia il volume L'eredità del passato di Giuliano Di Cola. Riproponiamo un vecchio audio, parte del dibattito moderato dal giornalista Pino Nano, e l'articolo di Michele Gioia pubblicato nel numero di marzo/aprile de «il Tiraccio».

«L’Eredità del passato è il titolo di un’opera di Giuliano Di Cola, edita da Effesette per conto della Banca Popolare di Calabria, presentata a Cosenza nel salone della Camera di Commercio. La si può definire un contenitore, visto che si compone di un volume nel quale sono pubblicati lo studio storico (con elenco di uomini celebri) sulla “Calabria Cifra”, tratto dal “Viaggio nel Regno delle due Sicilie” di Fortunato Stancarono, pubblicato a Napoli nel 1848;  un  brano  dello  scrittore  Beniamino  Fioriglio,  dal  titolo “Solitudine del presente”; un profilo dell’artista e della sua opera dal giornalista d’arte Raffaele Mazzarelli; un piccolo “assaggio” della vasta produzione fotografica con la quale Giuliano Di Cola ha fermato il tempo nella Cosenza antica. Di fronte ad un pubblico qualificato, presente l’artista (le cui opere erano state esposte nella vicina galleria “Il Triangolo” di Enzo Le Pera), il collega Pino Nano ha saputo, come sempre, determinare il clima che più si conviene ad un dibattito; offrendo a Ernesto Marano, Ernesto D’Ippolito, Fulvio Terzi e al sindaco di Cosenza Giuseppe Carratelli, l’occasione di ribadire le rispettive posizioni sul problema della rinascita e della valorizzazione del centro storico. Sui mali di Cosenza vecchia si sono versati fiumi d’inchiostro; si sono accapigliati politici d’ogni colore; si sono accumulate promesse su promesse. La verità su ciò che è stato fatto e su quello - molto, molto di più - che rimane da fare, affinché nella Cosenza antica torni a pulsare in modo più intenso la vita, è sotto gli occhi di tutti. Non dimenticherò mai il pianto di Fortunato Seminara che mi volle per compagno durante una delle sue ultime visite cominciata partendo da una delle strette viuzze medioevali che s’affacciano su Piazza dei Valdesi. E se non possiamo esimerci dal sottolineare gli appelli di D’Ippolito e Terzi e gli impegni di Carratelli, dobbiamo plaudire all’iniziativa della Banca Popolare di Calabria che, come spiega nella presentazione del volume il presidente Ernesto Marano, ha inteso sponsorizzare la pubblicazione proprio per recuperare la memoria storica, facendo così, secondo noi, un’operazione di alto valore culturale nonché civile e morale. In modo da testimoniare sensibilità ed interesse per questa parte della città che spesse volte è salita anche agli onori della cronaca nazionale; senza però essere stata mai capace di stimolare concretamente azioni in grado di rimuovere le apatie e le indifferenze. E se è vero infatti che il degrado delle strutture di Cosenza vecchia è, purtroppo, inarrestabile ormai da oltre mezzo secolo, è vero anche che - come scrive lo stesso Marano - il ricordo di quando era “la Città”, almeno per coloro che vi hanno trascorso la fanciullezza, resta indelebile. E il merito di Giuliano di Cola è quello - conclude Ernesto Marano - di offrirci la possibilità di riflettere, con l’arte delle sue immagini, e fare in modo che l’”Eredità del passato” possa ancora essere tramandata alle generazioni future. Ma chi è Giuliano Di Cola? “Un uomo tranquillo, serio, meditativo” - scrive Mazzarelli - il cui mestiere è fatto “di precisione, di rigore, di esattezza, soprattutto di scrupolosità”. La fortuna di Di Cola, secondo me, è stata quella di non essere nato a Cosenza, ma ad Ascoli Piceno; e di avere quindi visto, come una creatura fuori da se, con gli occhi dello “scopritore”, il complesso architettonico che costituisce il centro storico di Cosenza. Ancora a misura d’uomo; dove la vita quotidiana era contrassegnata dai rapporti tipici del buon vicinato. Quando le porte neppure si chiudevano: non solo per lasciare entrare il sole (soprattutto nei bassi e nelle case degli stretti vicoli), ma perché, ciascuno potesse godere delle gioie degli altri e piangere anche i morti. La particolare tecnica usata da Di Cola nella fase di sviluppo e stampa dei suoi lavori contribuisce notevolmente a dare l’immagine di una Cosenza che non è più, purtroppo. Dall’apparente staticità degli scorci panoramici, fissati dall’obiettivo della fotocamera, sembrano staccarsi figure di donne che s’affacciano sull’uscio di casa, tenendo, a cavalcioni su uno e entrambi i fianchi, oppure normalmente in braccio, uno, a volte anche due bimbi; e nello stesso tempo, dando voce, per far sentire la propria vigile, affettuosa presenza, agli altri figlioli più grandicelli intenti a giocare attorno alla fontana sulla piazzetta. Dalle finestre di un’altra abitazione sembra di sentire il lamento di una moglie nelle cui braccia è appena spirato il giovane consorte: morto di malattia, però, e non vittima di un agguato con le più comuni armi da fuoco o con la lupara o, peggio ancora, con uno di quei micidiali e più sofisticati strumenti di morte oggi purtroppo assai di moda perché facilmente reperibili non soltanto al mercato nero. E come non sembra vero quel Corso Telesio di Giuliano Di Cola il cui silenzio senti che è rotto (lo senti se chiudi gli occhi e spalanchi il cuore, ponendoti nella condizione di chi è disposto ad ascoltare le voci di dentro...!) soltanto dal rumore cadenzato dei passi di chi Io sta percorrendo come svagato, non essendo stato -beato lui! - neppure sfiorato ancora dalla frenesia tipica del più deteriore consumismo che non risparmia ormai quasi nessuno! La Cosenza vecchia di Giuliano Di Cola, in fondo, vive una sorta di intima battaglia; uno scontro vero e proprio; un conflitto come tra due personalità, due modi di intendere la realtà. Nel faccia a faccia tra chi desidera fermare il tempo e, quindi lasciare le cose come stanno, in modo che il degrado faccia il suo corso naturale; e chi invece vorrebbe arrestarlo il degrado e riportare la vita laddove ormai aleggia l’inarrestabile processo di disfacimento, che porterà al punto del non ritorno, al coma irreversibile e quindi alla morte del corpo e, quel che è peggio dell’anima, ossia della memoria storica. Chi vincerà la guerra? L’interrogativo, almeno perora, rimane senza risposta. Perciò, nel frattempo, noi che riusciamo ancora a commuoverci alla vista di un bel panorama e che, come Fortunato Seminara, ci abbandoniamo al pianto di fronte allo scempio provocato dalle umane miserie, noi, almeno finché possiamo, godiamoci le meraviglie che ci mostra Giuliano Di Cola!»
(Michele Gioia, Eredità  del  passato di Giuliano Di Cola, in «Il Tiraccio», marzo/aprile 1992)
audio

Il 6 marzo 1992 nella sala convegni dell’Associazione degli Industriali fu presentato il volume L’eredità del passato di Giuliano Di Cola, realizzato dalla Effesette per conto della Banca Popolare di Calabria. Pino Nano fece da moderatore. Alla presentazione del giornalista calabrese seguirono gli interventi di Ernesto Marano, all’epoca presidente della Banca Popolare di Crotone e della Camera di Commercio di Cosenza, dell’avvocato Ernesto d’Ippolito, dell’architetto Fulvio terzi e dell’allora  sindaco di Cosenza, l’avvocato Giuseppe Carratelli. Riproponiamo l’audio di una parte consistente del dibattito. Nonostante la pessima qualità dell’audio, riteniamo il documento interessante.